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McQueen Forever: gli Show più scioccanti del Designer ribelle.
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McQueen costruisce la sua reputazione da “Hooligan della moda”. Un Bad Guy dagli atteggiamenti oltraggiosi che rifiuta le interviste, dà buca addirittura a Irving Penn e a ogni fine sfilata, invece dell’inchino come fanno tutti gli altri designer, mostra in modo irriverente il didietro.

Il genio e ribelle della moda ha lasciato un’eredità inesauribile tra avanguardia e trasgressione.

Ripercorriamo i momenti più salienti della sua intensa e impattante carriera con le sfilate che hanno cambiato la percezione della moda contemporanea, per sempre.

Nasce nel 1969 nel borgo di Lewisham, a Sud-Est di Londra, Lee Alexander McQueen, colui che si farà conoscere per alcune delle creazioni più scioccanti dell’Haute Couture. A sedici anni lascia il Regno Unito e si trasferisce a Milano, dove collabora nella Maison di Romeo Gigli per qualche anno. All’inizio degli anni ’90 ritorna a Londra per terminare gli studi nella prestigiosa Saint Martin’s School of Art, ma è nel 1996 che arriva la grande occasione: sostituisce John Galliano come direttore creativo di Givenchy a Parigi, dove resterà, tra alti e bassi, fino al 2001. Questo stesso anno, considerato catartico per la sua carriera,  lascia la casa di moda parigina – che definirà troppo limitante per la propria creatività – dedicandosi unicamente alle creazioni con il suo nome.

Alexander McQueen Collezione ‘Jack the Ripper Stalks His Victims’ – 1992

Alexander si impone all’attenzione del pubblico sin dalle sue prime creazioni, tanto che nell’estate del 1992, la stampa londinese non fa altro che parlare della collezione di laurea di un certo Lee Alexander McQueen, chiamata “Jack the Ripper Stalks His Victims”: creazioni oscure, sexy ma anche deliziosamente dickensiane di questo ragazzo figlio di tassista, ribelle e talentuoso. Tra gli altri pezzi di spicco, c’è un cappotto di seta con stampa di spine e una coda “origami” a tre punte, e uno smoking con busto e risvolto rosso come un pugnale, entrambi con ciocche di capelli umani cucite nella fodera.

Alexander McQueen’s Jack the Ripper Stalks His Victims Video Essay

McQueen costruisce la sua reputazione da “Hooligan della moda”: un esempio di bad guy dagli atteggiamenti oltraggiosi, che rifiuta le interviste, dà buca addirittura a Irving Penn per un servizio fotografico e a ogni fine sfilata, invece dell’inchino come fanno tutti gli altri designer, mostra in modo irriverente il didietro.

Una delle sue collezioni più rivoluzionarie è del 1995, dedicata agli abusi inflitti dagli inglesi ai suoi antenati scozzesi, intitolata ‘Highland Rape’. Le modelle sfilano con brandelli di pizzo e schizzi di sangue finto sui vestiti, simbolo di tutte le violenze da parte degli inglesi sulle donne scozzesi.

La collezione fa conoscere al mondo i suoi iconici pantaloni Bumster, uno dei suoi marchi di fabbrica, mettendo sotto i riflettori, oltre alla sua oltraggiosa creatività, anche un feroce orgoglio nazionalistico. La rappresentazione violenta dello show accende le polemiche: i corpi insanguinati e le vesti stappate non sono un banale incitamento allo stupro, così come viene accusato dai giornali, bensì una denuncia visiva di tutti gli abusi inflitti alla Scozia.

McQueen viene accusato  ripetutamente di misoginia da parte di un’opinione pubblica ottusa e perbenista, fino a quando lo stesso designer non dichiara pubblicamente:

“Voglio che la gente abbia paura delle donne che vesto”.

Per la sfilata successiva, chiamata “The Hunger2, mantiene la parola data in precedenza: “la gente deve avere paura delle donne che vesto”, così fa sfilare modelle che indossano bustier in plexiglass trasparente ricolmi di vermi veri e soprattutto vivi.

Le sue idee sconcertano e incuriosirono ma non sono gradite dagli sponsor: la Spring Summer ‘98, in parte finanziata dalla American Express, inizialmente intitolata “The Golden Shower”, suscita indignazione da parte del colosso americano, che chiede prontamente venga cambiato il nome alla sfilata. McQueen acconsente, ma questo non gli impedisce di far sfilare le modelle su una passerella formata da cisterne d’acqua con la pioggia che cade dall’alto, il tutto avvolto da suggestive luci dal bagliore giallo.

Alexander McQueen Collezione The Golden Shower SS98 Ready-to-Wear

Per lo show seguente abbandona l’elemento dell’acqua concentrandosi sul fuoco, così la sua sfilata Fall Ready-to-Wear 1998, chiamata “Joan”, si trasforma in uno show teatralizzato con una modella in abito rosso, dal volto coperto, circondata da un cerchio di fuoco: un’immagine che rimanda all’inquisizione e alla violenza sulle donne, ancora una volta.

Alexander McQueen “Joan” FW98 Ready-to-Wear

La collezione “No. 13”, del 1999, consolida la reputazione di Alexander McQueen come showman assoluto, esaltando anche la sua teatralità inarrivabile: fa sfilare l’atleta paraolimpica Aimee Mullins indossando protesi di legno di olmo, da lui stesso intagliate. Aimee Mullins indossa le gambe in legno di olmo intagliate da Alexander McQueen per la Collezione “No. 13” SS99

in chiusura di sfilata, due robot spruzzano vernice sull’abito bianco sfoggiato dalla super model Shalom Harlow: uno dei momenti più indimenticabili della storia della moda, ripreso anche da Coperni nella sua performance di chiusura della sfilata SS23, durante il quale sul corpo di Bella Hadid viene creato e  spruzzato il primo dress della storia della moda.

Alexander McQueen Collezione “No. 13” SS99  – Performance di Shalom Harlow con i Robot

L’ennesimo atto rivoluzionario di un genio ribelle sarà la Spring 2001 Ready-to-Wear. Un pubblico seduto intorno a un cubo trasparente ammira le modelle girare intorno a quello che sembra una cella di un ospedale psichiatrico.

Alexander McQueen Collezione SS01 Ready-to-Wear

Modelle, tra cui Kate Moss, dalle espressioni perse e dementi, vagano lungo il cubo avvolte alla testa da una fascia medica. La sfilata si chiude in modo spettacolare, come ci ha abituati McQueen: un altro cubo all’interno del reparto psichiatrico rivela una donna corpulenta e nuda, con il volto coperto da una maschera, che respira attraverso un tubo, circondata da falene svolazzanti.

Alexander McQueen Collezione SS01 Ready-to-Wear

Ma non è certo finita lì. Negli anni a seguire, il pubblico delle sue sfilate ha la fortuna di assistere a una compagnia circense popolata da sinistri clown, che girano in tondo su una giostra carosello, per la sfilata al Natural History Museum di Londra (2001).

Alexander McQueen FW01 Ready-to-Wear Collection

Una partita di scacchi ‘viventi’, in occasione della Collezione Spring/Summer 2005; uno spettrale ologramma di Kate Moss, come un fantasma che aleggia nell’aria, ultraterrena ed eterea.

Alexander McQueen Collezione Autunno 2006 – Ologramma di Kate Moss

Alexander McQueen ci lascia, a soli 40 anni, l’11 febbraio 2010, pochi giorni dopo la morte della madre. Proseguirà il suo lavoro Sarah Burton, che ha lavorato al suo fianco per 14 anni e ne raccoglie l’eredità, traghettando il brand da incubo onirico e accusatore del sistema a guardaroba per il mondo reale.

Alexander McQueen e Isabella Blow foto di David LaChapelle – 1996

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