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Rammellzee: l’artista-icona degli anni ’80 che ha inventato l’Afrofuturismo.
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L’ultima release Nike Dunk SB Supreme dedicata a Rammellzee, ci ha dato la scintilla per approfondire uno degli artisti più eclettici e influenti della Street Culture.

Le Nike SB Dunk Supreme si colorano d’arte con l’omaggio al pioniere della street artist e musicista newyorkese.

Il 18 dicembre 1960 nasce nel Queens un artista che definire “poliedrico” è quasi riduttivo: street artisti, writer, pittore, performer, attore, teorico dell’arte, scultore e anche musicista, il suo nome è Rammellzee, abbreviato affettuosamente in “Ramm” dai suoi amici e fan.

La sua arte e la sua produzione musicale hanno lasciato un segno permanente nel mondo della Street Culture, ipnotizzando i personaggi di spicco degli anni ’80, come Jean-Michel Basquiat, che diventerà suo amico a seguito di una collaborazione a quattro mani; Jim Jarmusch, che una volta disse: “È il tipo di persona con cui potresti parlare per 20 minuti e la tua vita potrebbe cambiare, se riuscissi a capirlo”; i Beastie Boys, l’artista Futura, Funkmaster Bootsy Collins, solo per citarne alcuni. Tutti hanno subito il fascino e l’influenza di Rammellzee.

Anche in vita, Rammellzee veniva descritto come un personaggio alieno, piuttosto che umano: passeggiava per le strade di Manhattan corazzato da costumi elaborati e assemblati nel suo studio-appartamento di Tribeca, lasciando una scia di rime e dicerie lungo il suo cammino, che improvvisava in base a ciò che vedeva al momento. Di tanto in tanto, le sue macchine-corazze sputavano fuoco o fumo, impressionando i passanti. Rammellzee era un mito, in tutto e per tutto.

Ipotizzava teorie sul Futurismo Gotico, immaginando una lotta tra lettere dell’alfabeto per preservare la loro individualità simbolica contro qualsiasi tipo di standardizzazione imposta. Nel corso della sua vita ha esibito spesso maschere e costumi da lui creati che rappresentavano un’equazione matematica personale, che hanno creato un parterre di ben 22 personaggi sempre diversi, chiamati “Dei della spazzatura“, come Alpha Positive, Crux il Monaco o Igniter il Maestro Alfabeta, che sfoggiava con naturalezza per le strade di NY o durante le performance.

Se qualche curioso gli chiedeva chi diavolo fosse, Rammelzee rispondeva: “Sono solo un uomo medio”.

Il suo lavoro è apparso per la prima volta negli anni Settanta, sui vagoni della metropolitana di NY, sui quali scarabocchiava intricati graffiti, accanto ai pionieri della streetart come Basquat, Futura, Keith Haring: la sua linea preferita era la A, che si snodava dal Queens fino al centro di Manhattan. Il Sancta Sanctorum dell’avanguardia artistica della città.

Rammellzee e Baquiat fine anni ’70

Per lui, il processo pittorico con le bombolette spray era istintivo, immediato. Pittava per sconfiggere la depressione, l’ansia, la disperazione di vivere nella parte più malfamata, discriminata e povera di New York. Imbrattare muri e vagoni era un modo per esorcizzare le disparità sociali, rivendicare spazio e potere.

Rammellzee – fine anni ’70

I suoi tag avevano il potere di essere taglienti ed esposivi, sembrando armi da sfoderare con tutta la violenza possibile. Come lui stesso affermava: “le guerre non si combattono solo con le armi, noi lo facciamo schierando le parole”. Queste idee divennero componenti fondamentali del Futurismo Gotico, una cosmologia che Rammellzee continuò a professare per tutta la sua vita, trasportandole anche al di fuori dei vagoni delle metro e collaborando addirittura con come modello per Wilhelmina durante un breve periodo al Fashion Institute of Technology (FIT).

Durante i primi anni ’80, il sindaco di New York – Ed Koch – lanciò una campagna per rimuovere i graffiti dalle metropolitane, in incredibile aumento dalla metà degli anni ’70. In risposta, Rammellzee iniziò a diffondere il Futurismo Gotico attraverso dipinti e sculture, create nel suo appartamento-studio, soprannominato per l’occasione “Battle Station”.

I dipinti raffiguravano spazi vulcanici e cosmici in cui lettere frastagliate, affilate come falci, esplodevano sulla superficie, lasciando sulla loro scia schizzi di vernice spray al neon. Spesso prendevano di mira il loro nemico, Ed Konh oppure la società, rappresentata da catene, manette e nubi gassose di un verde acido, simbolo di tossicità.

Rammellzee negli anni ’80

Nel 1983 Ramm compone insieme al rapper e amico K-Rob un brano intitolato “Beat Bop”, prodotto da Basquiat: una strutturata melodia al vocoder in cui si presentava con una voce nasale e stridente, diventata poi la colonna sonora al documentario hip-hop di culto di Tony Silver e Henry Chalfant, “Style Wars”, dello stesso anno. Il brano è stato definito dal Rolling Stones come “una delle canzoni più venerate della prima Era del Rap”.

Inconsapevolmente durante il suo mandato, il sindaco di NY Ed Koch ha assisito alla nascita dell’Hip Hop, alla morte dei graffiti – almeno sui vagoni della metropolitana – e ha ispirato Rammellzee ad aprire la sua arte verso la pittura, la scultura e la musica Hip Hop.

Rammellzee and K-Rob in 1983

Il decennio degli ’80 fu anche il periodo d’oro delle sue esposizioni, tra gli States e in Europa, che andarono via via diradandosi all’inizio degli anni ’90, per sua scelta. Rammellzee si faceva vedere sempre meno in giro, ritirandosi nella sua casa-studio a lavorare.

Usciva di tanto in tanto per raccogliere materiali di scarto in Canal Street, come vecchi skate, teste di bambole, bombolette spray finite, indumenti in disuso e accessori vari, che utilizzava per le sue tele e i suoi mascheroni.

In questi anni, le sue teorie divennero sempre più complesse e meno comprensibili, cosa che fece accrescere l’alone della leggenda intorno a sé, come un essere ultraterreno venuto sulla terra per diffondere un messaggio che sarà compreso in un imprecisato futuro.

Rammellzee morirà ad appena 49 anni, nel 2010, a causa di complicazioni derivati da anni di consumo di alcol e dall’inalazione di fumi tossici, prodotti dalla resina che utilizzava per realizzare le sue opere.

La sua eredità riecheggia ancora oggi nell’arte contemporanea, nelle performance, nella musica hip hop e nella moda, come dimostra l’ultima release Dunk SB Supreme Rammellzee.

Nike Dunk SB Supreme Rammellzee release

La sneakers Supreme si presenta come una tela sulla quale si è espressa l’arte astratta del compianto genio creativo: i modelli low e High, in colori opposti bianco/nero, mettono in risalto alcune sue opere con una serie di accattivanti artwork su tutta la tomaia, sulla punta, il pannello laterale, il colletto e rivestimento del tallone; competa la composizione una scatola disegnata apposta per la release e dubraes dorati con la scritta Supreme.

Rammellzee, “GASH-O-LEAR” – 1989

Rest in Space, Rammellzee.

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